venerdì 1 gennaio 2021

I 10 MIGLIORI FILM VISTI NEL 2020


Durante il corso dell'anno mi capita di guardare moltissimi film, ma non sempre riesco a dedicare a ciascuno un articolo su questo blog. Letterboxd è uno strumento estremamente utile per mantenere un diario aggiornato delle proprie visioni cinematografiche.
Ogni anno, con l'obiettivo di sintetizzare e condividere questa esperienza, scelgo di compilare una lista dei 10 migliori film che ho visionato durante l'arco dell'anno. L'ordine dei film selezionati è puramente cronologico e non rappresenta una classifica basata su criteri di merito artistico.
Di seguito, la lista dei 10 migliori film visti nel 2020.


La casa è nera (1963)
diretto da Forugh Farrokhzad

«Venti minuti di straziante poesia. È il primo film della regista e poetessa iraniana Forough Farrokhzad, prodotto nel 1963 dalla Golestan Film per l'Associazione e Assistenza ai lebbrosi. La regista con uno sguardo documentaristico, ci mostra la vita di una comunità di lebbrosi isolati dal mondo, ingabbiati in una ritualità quotidiana che si reitera con tormento e dolore, dove i giorni, i mesi, gli anni si ripetono ancora e ancora, come se il tempo fosse un moto circolare senza un divenire, in attesa che si spezzi con la morte. La voce fuori-campo accompagna le immagini pregando, supplicando, evocando Dio, in un'attesa assordante che evoca la sventura weileiana...» (vaevedi.it)


Il volto di un altro (1969)
diretto da Hiroshi Teshigahara 

«Gestisce con maestria ogni singolo espediente visivo, ma è sopratutto la sua scrittura introspettiva e dettagliata a rendere l'opera filmica di una solidità straordinaria. I dialoghi scuotono, ti toccano dentro, arrivano alle viscere. Forse non esagero se dico che ci troviamo di fronte all'analisi più profonda e disturbante sulla deformità facciale, che sia mai stata realizzata sullo schermo...» (vaevedi.it)



La terza parte della notte (1971)
diretto da Andrzej Żuławski

«Primo lungometraggio di Zulawski e già c'è tutta l'essenza che caratterizzerà il suo cinema. Il film parla della storia di un uomo borghese di nome Michael che sfugge - per puro caso insieme al padre - dall'occupazione nazista nella sua dimora, dove verranno uccise brutalmente la sua moglie, il suo figlio e la sua madre. La vita di Michael in poco tempo si trasformerà in una lenta discesa negli inferi, in una Polonia ormai in decadenza sia fisica che spirituale. Per non essere ucciso e per non morire di fame farà da cavia a un progetto sperimentale gestito dai tedeschi per trovare un vaccino al tifo. La sperimentazione consisterà nel farsi succhiare il sangue dai pidocchi attraverso una cinturino con una gabbietta che viene legata alla gamba. Michael incontrerà anche una donna somigliante alla sua moglie con cui tenterà invano di instaurare una relazione cercando di espiare gli errori fatti nei confronti della sua famiglia ormai defunta. Non mancheranno anche i fantasmi che tormenteranno la coscienza del protagonista e lo condurranno verso un orrore che non avrà mai fine, proprio come descritto dai testi dell'Apocalisse di Giovanni che accompagnano il prologo e l'epilogo del film. Film brutale, ostico, controverso, ma estremamente brillante e poetico.» (vaevedi.it)


L'Ordre (1973)
diretto da Jean-Daniel Pollet

«L'ordine. Quello che nel 1904 il Governo Greco impartì per isolare e imprigionare tutti i lebbrosi nell'isola di Spinalonga, considerati una minaccia per salute pubblica. Solo 50 anni dopo i sopravvissuti furono trasferiti in una struttura ospedaliera vicino ad Atene per essere curate. Jean-Daniel Pollet filma le rovine di quell'isola ormai disabitata, mentre il primo piano di Raimondakis, uno dei sopravvissuti, racconta la sua storia di abbandono e sofferenza guardando dritto l'obiettivo della macchina da presa. Assistiamo a una delle testimonianze più potenti che si siano mai viste sullo schermo, il cui forte eco sembra risvegliare gli spiriti dannati di quell'isola, anime ancora disperatamente in cerca di una giustizia e di qualcuno che sappia acquisire la loro verità senza manipolarla. Pollet con il suo sguardo metafisico sui resti di Spinalonga ci spinge a fermarci, a fermare il tempo del nostro mondo "civilizzato", per riflettere profondamente sul vero senso della malattia e dell'esistenza umana. Le conclusioni che trarremo da questa esperienza saranno sconvolgenti, ma ne usciremo più umani di prima. Vedere questo film dovrebbe essere il vero e unico ordine.» (vaevedi.it)


Stati di Allucinazione (1980)
diretto da Ken Russell

«Il film prende ispirazione dalle ricerche dello psichiatra statunitense John Lilly sugli stati alterati di coscienza, raggiunti attraverso l'uso di una vasca di deprivazione sensoriale e la somministrazione di droghe psichedeliche. Il ricercatore nel film viene denominato Eddie Jessup ed è interpretato da un giovane William Hurt al suo esordio d'attore cinematografico, che ci conduce con trepidazione e ossessione in un'incredibile viaggio verso la ricerca della verità dell'esistenza umana, quella che si celerebbe dietro il mistero dell'origine della vita. Questo viaggio mentale si rivelerà una straordinaria regressione della storia umana, fino a toccare quella forza primordiale che ha generato la prima scintilla del Big Bang. Ken Russell come soltanto il suo genio visionario riesce a fare, dirige un film sconvolgente, disturbante e toccante. Le immagini che prendono vita all'interno di questa esplorazione sono primordiali, terrificanti, violente come le migliori opere pittoriche di Francis Bacon, il lavoro del truccatore Dick Smith sulla metamorfosi del protagonista è al dir poco stupefacente. Non siamo davvero nel territorio della fantascienza come spesso il film viene etichettato, ma piuttosto in un'esplorazione mistica ed esistenziale, di fatti la crisi sentimentale tra il ricercatore e la sua moglie diverrà parte centrale del racconto. Ciò che sorprende dell'opera è la capacità di utilizzare un linguaggio cinematografico convenzionale tipicamente hollywoodiano (non è un caso se è il primo film americano di Russell) rimodellandolo alle esigenze della sperimentazione...» (vaevedi.it)


The Plague Dogs (1982)
diretto da Martin Rosen

«Ispirato all'omonimo romanzo "The Plague Dogs" (I cani della peste) di Richard Adamas, è il secondo film d'animazione scritto, diretto e prodotto da Martin Rosen, noto al pubblico per "Watership Down" (La collina dei conigli) uscito nel 1978, un altro film d'animazione basato da un romanzo di Adamas. Rosen in un'intervista rilasciata nei contenuti speciali del Blu-Ray di "The Plague Dogs" (uscito solo 2019), dichiara subito le difficoltà che ha dovuto affrontare per permettere la realizzazione di questo film, a partire dai finanziamenti e dalla sua successiva distribuzione al pubblico, che è potuta concretizzarsi soltanto eliminando due scene particolarmente violente e di cui si è pentito amaramente di tagliare. Oggi finalmente è stata distribuita in home video la versione integrale e guardandola ci si rende conto di quanto Rosen abbia ragione. La violenza nel film non è mai gratuita ma tutt'altro, perché è il prodotto di un'efficace e onesta rappresentazione etologica dei due cani protagonisti. Fin dalle primissime immagini del film, ci si sente emotivamente coinvolti dalle vite di Rown (un labrador meticcio) e Snitter (un piccolo smooth fox terrier), due dei tanti cani usati come cavie in un laboratorio di vivisezione situato nel Lake Discritc. Rown viene usato ripetutamente per un'esperimento di resistenza all'acqua, quindi ogni volta viene annegato e poi "resuscitato", mentre Snitter ha subito un intervento sperimentale al cervello di cui è visibile il taglio sul cranio. Entrambi riusciranno a fuggire dal laboratorio attraverso il condotto d'aria dell'inceneritore...» (vaevedi.it)


Allucinazione Perversa (1990)
diretto da Adrian Lyne

«Adrian Lyne ci immerge nella vita di Jaboc, un postino di New York reduce della guerra del Vietnman. Dopo la traumatizzante esperienza bellica non è più lo stesso uomo, tenta inutilmente di riappropriarsi della propria vita provando a ricostruire una famiglia con una nuova moglie. Ma la sua mente è assalita da strani flashback che sembrano suggerire che qualcosa di terribile sia successo durante la sua missione in Vietnam. Le cose precipitano quando qualcosa di molto sinistro comincia ad emergere nella realtà sua quotidiana: vede delle presenze fugaci simili a delle creature demoniache, che lo osservano e perseguitano continuamente. Sono davvero reali? O sono frutto della sua immaginazione? Lyne con grande maestria entra nella psicosi del suo protagonista sovrapponendo continuamente i suoi sogni e le sue allucinazioni alla realtà, disorientando e spiazzando lo spettatore. Si toccano delle vere e proprie atmosfere horror per l'inquietudine degli effetti visivi racchiusi in alcune sequenze, a mantenere alta la tensione è anche la performance di Tim Robbins che riesce a testimoniare straordinariamente tutto l'orrore delle esperienze traumatiche nei suoi occhi blu...» (vaevedi.it)


Film Ist. 1-6 (1998) 
diretto da Gustav Deutsch

«Questi film servivano generalmente come parte di un corso di istruzione su cose come il comportamento animale, la fisiologia o la natura della laringe. In alcuni film d'avanguardia trovati (come lo straordinario lavoro di Abigail Child o Leslie Thornton) si creano ondeggiamenti scientifici tra metafora e attrazione sensazionale mentre viene creato un contesto completamente nuovo. Nel film ist. 1-6 serie, si percepisce fortemente lo scopo originale della pedagogia nella natura del filmato. Domina un tono di istruzione: dall'argomento focalizzato; dalla composizione e l'illuminazione; dai dispositivi utilizzati nel processo di ripresa (rallentatore o stop motion, radiografia); così come la presenza nel filmato di strumenti scientifici di misurazione. Eppure Deutsch ha spogliato questi film dalle spiegazioni della fisiologia o della psicologia che originariamente li accompagnavano. Senza queste spiegazioni rassicuranti, gran parte dei filmati sembrano strani, onirici, orribili o divertenti, grotteschi. Invece di essere elaborate per le informazioni in loro possesso, queste immagini ci affrontano in tutta la loro stranezza». Tom Gunning (dal saggio "From Fossils of Time to a Cinematic Genesis")


Morrer como um Homem (2009)
diretto da João Pedro Rodrigues

«Terzo lungometraggio di Rodrigues, ed ennesima prova della forza ineguagliabile del suo cinema. Il film racconta la storia di una drag queen omosessuale, Tonia, che suona in un cabaret di Lisbona e che vive una difficile relazione sentimentale con un ragazzo più giovane tossicodipendente. Tonia, ormai anziana, si ritroverà a fare i conti con tutto ciò che la sua vita ha rappresentato per gli altri, entrando in una profonda crisi esistenziale. L'incontro con il suo figlio dimenticato e la malattia provocata dall'infezione del silicone nei suoi seni, la condurranno alla resa dei conti. Rodrigues dirige con onestà un ritratto complesso e tragico, senza sentimentalismi e patetismi, riuscendo a imprimere sulla pellicola tutta la bellezza dell'animo della sua protagonista. Colpisce la scelta di fare cantare agli attori diversi brani, come in un musical, ma senza base musicale. I canti spesso sostituiscono i dialoghi, celebrando la condizione spirituale dei personaggi, come in un tentativo disperato di far ascoltare la loro vera voce, dopo che le parole del linguaggio quotidiano si sono dimostrate fallimentari per farsi comprendere dagli altri. L'arte musicale diviene l'unico strumento per riuscire ad affermare la propria identità. Memorabile è l'interpretazione di Fernando Santos, degno successore di Volker Spengler in "Un anno con 13 lune" di Fassbinder.» (vaevedi.it)


Ritratto della giovane in fiamme (2019)
diretto da Céline Sciamma

«Céline Sciamma al suo quarto lungometraggio da regista, gira per la prima volta un film in costume e con donne adulte come protagoniste. Il film è ambientato nella fine del XVIII secolo, racconta la storia di una pittrice di nome Marianne (interpretata da Noémie Merlant) che, durante una sua lezione di pittura in Francia, viene interrogata da una delle sue allieve su un quadro che ha scoperto e nascosto nella stanza. Marianne sgomentata, le dirà che si tratta di un suo quadro e che si intitola «Ritratto della giovane in fiamme», in quel momento la donna avrà un lungo flashback sulla storia di quel quadro che è anche quella dell'intero film. Veniamo trasportati in Gran Bretagna, molti anni prima, dove la pittrice viene invitata da una famiglia nobile a ritrarre il ritratto della loro figlia Héloïse (interpretata da Adèle Haenel). Scopriremo che la giovane ragazza è uscita dal convento dopo che la sorella è morta e che ora è promessa sposa a un nobile italiano. Ma la giovane Héloïse ha sempre rifiutato di farsi ritrarre perché si oppone al matrimonio combinato, perciò la madre la tiene segregata in casa e chiede alla pittrice di fingersi una compagna di passeggiate per poterla osservare e dipingerla in segreto. Sciamma dirige la storia con estremo rigore e pulizia estetica, le scenografie sono scarne e le inquadrature si concentrano sui dettagli e sugli sguardi delle protagoniste. Il "segreto" di Marianne creerà una costante tensione tra le due donne, Héloïse si rivelerà una giovane sospettosa, impavida ma profondamente intelligente, che colpirà l'animo della pittrice...» (vaevedi.it)

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