lunedì 4 ottobre 2021

Sport, sport, sport (1970)

Terzo lungometraggio diretto dal regista russo Elem Klimov. Si tratta di un documentario che omaggia lo sport nel senso più alto del termine e in un modo davvero particolare, perché combina abilmente messe in scena di finzione, materiali d'archivio cinematografici sovietici e stranieri, filmati di cinegiornali e dichiarazioni sullo sport da parte di personaggi famosi come il giornalista sportivo Vadim Sinyavskyla e l'attore Daniel Olbrykhsky, solo per citarne alcuni. 
La trama portante del film è la messa in scena, dai toni umoristici, di un vecchio massaggiatore soprannominato zio Volodya, che racconta ai suoi giovani atleti delle vecchie storie della sua vita come fossero delle leggende. Prima della prima guerra mondiale, narra di aver allenato il famoso corridore Jean Bouin e poi in seguito, di aver aiutato ai campionati di Londra, il pugile dei pesi massimi Grebnjak facendogli perdere 13 kg di peso per farlo passare alla categoria dei pesi massimi leggeri. Narra anche di come ha aiutato il campione di basket Tolja, salvandolo dalla sua vita da "freaks" a causa della sua impressionante altezza e di averne fatto di questa differenza la sua forza. Le storie di zio Volodya sono intervallate da cinegiornali e filmati storici dello sport, tra i più significativi ci sono le immagini delle Olimpiadi del 1936 a Berlino, dove l'atleta afroamericano Jesse Owens vinse quattro medaglie d'oro, causando l'ira di Hitler che finì per abbandonare lo stadio, e le immagini delle Olimpiadi del 1959 dove l'atleta americano Bob Soth rischiò di morire nella corsa dei 10.000 metri piani.
Nel documentario sono incastonate magnificamente le poesie dalla poetessa Bella Akhmadulina, recitate da lei stessa, accompagnano le immagini d'archivio degli atleti sprigionano una bellezza metafisica. Di un lirismo senza tempo è anche la sequenza dove le immagini dei corpi degli atleti si sovrappongono simbolicamente a quelle delle grandi opere della storia dell'arte rinascimentale e contemporanea in un crescendo di moti, forme, umori ed emozioni. Lo sport agli occhi dello spettatore si rivela in tutta la sua forza primigenia, creativa e liberatoria. Come afferma lo zio Volodya, nella parte finale, lo sport del futuro sarà inestricabilmente legato all'arte e non ci saranno più vinti e vincitori. Diverrà solo la manifestazione di pace e unità tra le differenze.

«Tutte le città, i villaggi, gli uomini e la natura erano uniti. Questa è la cosa principale. Lo sport e l'arte erano tutt'uno. Al primo posto naturalmente c'era il massaggio. Non c'erano guerre e se non ci sono guerre, non ci sono vincitori e e non ci sono vinti. Tutti sono contenti.»
Zio Volodya
Il lavoro di Elem Klimov è notevole, dall'analisi storica a quella socio-politica, dal montaggio poetico agli effetti grafici che, ogni tanto, con giocosità entrano nel campo visivo. Ha maneggiato con padronanza l'enorme quantità di materiale senza mai essere didascalico, realizzando una sintesi perfetta. La suggestiva colonna sonora è stata composta da Alfred Schnittke, noto per il suo sodalizio con il cinema di Larisa Shepitko, moglie di Klimov. La certezza è che dopo la visione di questo documentario se amate lo sport lo amerete ancora di più, se non lo amate comincerete ad amarlo. 


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