Durante la seconda guerra mondiale, in una piccola città della Prima Repubblica Slovacca (Stato cliente della Germania Nazista), il falegname slovacco Anton Brtko soprannominato "Tóno", viene scelto da suo cognato - che detiene una posizione influente nel governo fascista locale - per ottenere l'amministrazione di una merceria appartenente alla vedova e anziana ebrea Rozália Lautmannová, seguendo quella che viene definita l'arianizzazione degli ebrei. La legge infatti prevedeva che tutti gli esercizi commerciali di proprietà ebraica avrebbero dovuto essere gestiti da un amministratore di razza cosiddetta "ariana" che avrebbe usufruito degli utili. Tóno titubante e un po' impacciato si ritroverà davanti alla docile e buffa Rozália, che a causa dei suoi problemi all'udito e alla demenza senile, non riuscirà a comprendere davvero quello che farà del suo negozio e la gravità della situazione politica del Paese. Imrich Kuchár, amico di Tóno e vicino alla comunità ebraica, lo aiuterà a trattare con l'anziana rivelandoli persino che la merceria non è affatto redditizia e che sopravvive solo grazie al contribuito assistenziale erogato dalla comunità ebraica locale. Così Tóno si ritroverà a ricevere uno stipendio dalla leadership ebraica stessa e aiutare l'anziana nella gestione dei clienti del negozio più che amministrarlo! I paradossi di questa storia, diventano i nodi centrali dello sviluppo di questa incredibile commedia, che con l'avanzare degli eventi diventerà sempre più amara.
I registi gestiscono il materiale con estrema delicatezza, dirigendo gli attori con spontaneità, restituendoci un ritratto umano denso, autentico e spietato al tempo stesso. Il legame che si instaura tra Tóno e Rozália è qualcosa che in qualche modo finisce per toccarci nel più profondo, perché diventa come quello tra un nipote e una nonna. Un legame che ha in sé l'arricchimento di uno scambio generazionale, ma anche lo scontro tra due modi diversi di vivere e vedere la realtà, da una parte la sottovalutata saggezza dell'antico e dall'altra l'arrogante erudizione del moderno. Non è un caso che nel finale Rozália, proprio la donna più sorda di tutti, è l'unica che esclama con potente evocazione «Pogrom!» appena comprende quello che sta avvenendo agli ebrei riuniti nella piazza, enunciando il vero significato di quello che sta accadendo in quel preciso momento storico e che, al contrario, tutti cercano di non ammettere o nascondere a se stessi compreso Tóno, che paralizzato dalla paura tenterà di convincere Rozália di consegnarsi ai nazisti piuttosto che fuggire. Nel finale, per la seconda volta, le parole di Rozália nel sogno di Tóno diverranno profetiche: «Non temere ragazzo mio, la paura è la fonte di ogni male!». Tóno non riuscirà a combattere la paura e ci sarà da temere e tanto, perché segnerà tragicamente i loro destini. Non rimarrà che un peso nella sua coscienza, pesante come un macigno, le ultime inquadrature e movimenti della macchina da presa ce lo dichiarano poeticamente in maniera trascendente: l'occhio che guarda è ormai quello di Dio, Tóno non potrà evitare il giudizio della sua coscienza e ne verrà divorato superando la dimensione materiale, uscendo così da quella buia prigione di paura per oltrepassare finalmente le porte serrate del negozio che si spalancheranno come mosse da una forza invisibile, per condurlo verso la luce ed espiare la colpa danzando nell'eternità.
"Il negozio al corso" si aggiudicò meritatamente il premio Oscar come miglior film straniero nel 1966 e Ida Kamińska, che interpreta Rozália, fu candidata come migliore attrice protagonista per la sua straordinaria performance, ma non è da meno Jozef Kroner nei panni di Tóno, che ha retto un'interpretazione di rara intensità, sopratutto nella fase finale dove il terrore pervade totalmente il suo animo. Al suggestivo bianco e nero del film, si sommano le musiche composte da Zdeněk Liška che includono brani di musica tradizionale in stile banda di ottoni, che sarebbe stata comune in Cecoslovacchia durante il 1940.
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