Questo è un film maledetto. Ritirato dalla distribuzione nel 1990 quando il musicista Richard Carpenter fece causa al regista Todd Haynes per violazione di copyright, il film da allora è diventato un bootleg diffuso su internet, diventando oggetto di culto. È un documentario sperimentale di 43 minuti che racconta la vita di Karen Carpenter, sorella di Richard Carpenter con la quale formò il duetto musicale The Carpenters che divenne celebre nell'industria musicale americana degli anni '70 e '80, la loro musica dolce e soft si contrapponeva al sentimento di rivolta caratteristici di quegli anni, per questa ragione molti americani ritrovarono in loro una certa fede e nostalgia dei valori tradizionali. Il loro successo fu così eclatante che il Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon li invitò persino ad esibirsi alla Casa Bianca nel 1973. Ma la giovane Karen ha sofferto di anoressia nervosa per gran parte della sua vita e morì prematuramente di arresto cardiaco nel 1983, nella casa dei suoi genitori. La causa della morte si sospetta fosse legata all'abuso di alcuni farmaci che Karen faceva, in particolare l'Emetina, un induttore di vomito.
Haynes decide di rappresentare questa tragica storia nel modo più scomodo possibile e immaginabile: le fashion dolls. Barbie, che inserisce nel set fabbricato a loro misura e che anima attraverso il doppiaggio, in alcune scene come i primissimi piani rompe qualche volta questa cifra stilistica inserendo braccia e mani di attori veri, inizialmente crea un'effetto straniante, ma man mano che la storia si sviluppa lo "noteremo" sempre meno. Questo perché sotto la superficie di quell'estetica plastica viene costruita una forte esperienza interiore, se da un lato le barbie rappresentano degli standard o, permettetemi, un regime di bellezza ben preciso, dall'altro nel film mostra, in maniera paradossale, come dietro quei corpi ci possa essere molto di più. Il film non si limita a mostrare scene della vita famigliare e professionale di Karen, ma inserisce anche stralci di cinegiornali sull'anoressia e interviste fatte a diverse persone sulla musica dei The Carpenters. Il carattere sperimentale del film diventa predominante quando nel montaggio vengono inserite improvvisamente delle strane immagini inquietanti come quella della bambola di Karen che viene sculacciata (come a rimarcare qualcosa del suo passato che non conosceremo mai) o il filmato terrificante del cadavere di una donna gettato in una fossa comune, un estratto da un documentario sui campi di concentramento nazisti. Quest'ultima immagine molto evocativa, in seguito, sembra essere in stretta relazione ad una riflessione fatta a posteriori nel film, in cui si parla dell'anoressia come una forma di fascismo, un totalitarismo sul proprio corpo «in cui il malato recita la parte sia del dittatore che della vittima emaciata a cui spesso assomiglia. In una cultura che continua a controllare le donne attraverso la mercificazione dei loro corpi, il corpo anoressico si autoesclude, rifiutando le dottrine della femminilità, spinto da una visione di totale padronanza e controllo.» E da dove vengono queste dottrine della femminilità? Chiaramente da un sistema che espone i loro corpi e li mercifica, come quello dello spettacolo, intensificando queste problematiche in maniera disumana. "Superstar" appare oggi un'opera più contemporanea che mai, anche a monte del panorama cinematografico attuale dove ormai è divenuta abitudine diffusa produrre film e documentari "scomodi" su varie celebrità femminili (Blonde e Farming Britney Spears, per citarne due più recenti), Haynes lo fece già più di 30 anni fa e con un'originalità senza pari.
La buona notizia è che il film pare sia stato "sbloccato" e che un'edizione restaurata uscirà prossimamente. Nell'attesa potete recuperarlo su questo link e scaricare qui i sottotitoli in italiano curati dal sottoscritto. Buona visione!
caspita che segnalazione! questa interpretazione dell'anoressia come un totalitarismo autoinflitto è molto suggestiva
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