Durante il corso dell'anno mi capita di guardare moltissimi film, ma non sempre riesco a dedicare a ciascuno un articolo su questo blog. Letterboxd è uno strumento estremamente utile per mantenere un diario aggiornato delle proprie visioni cinematografiche.
Ogni anno, con l'obiettivo di sintetizzare e condividere questa esperienza, scelgo di compilare una lista dei 10 migliori film che ho visionato durante l'arco dell'anno. L'ordine dei film selezionati è puramente cronologico e non rappresenta una classifica basata su criteri di merito artistico.
Di seguito, la lista dei 10 migliori film visti nel 2023.diretto da Mikhail Romm
«Conosciuto anche con il titolo internazionale "Triumph Over Violence", è un documentario del regista sovietico Mikhail Romm. Diviso in 15 capitoli, è un compilation film della durata di due ore, che utilizza cinegiornali, filmati e fotografie d'epoca presi dagli archivi storici sul nazismo e fascismo, con l'aggiunta anche di immagini del dopo-guerra e riprese girate dallo stesso Romm a Mosca, negli anni '60. Il film è una lunga e poderosa meditazione sul fascismo, inteso non solo nel suo significato storico e politico, ma anche nella sua accezione più psicologica e sociologica. Le immagini sono commentate in voice-over dallo stesso regista, spesso in modo ironico e umoristico quando assistiamo alle immagini di propaganda, ma senza superficialità, perché volte sempre a schiudere delle riflessioni, che con il proseguire del film si faranno sempre più amare. Ci sono molti momenti intensi, per citarne alcuni c'è quello delle terrificanti fotografie che i soldati nazisti tenevano in ricordo insieme a quelle delle loro famiglie, o quello delle foto segnaletiche dei prigionieri dei campi di concentramento su cui il regista si sofferma in silenzio con lo zoom, per osservare i loro occhi, donandoci uno dei momenti più toccanti... (vaevedi.it)
diretto da Yasuzō Masumura
«Red Angel racconta la storia dell'infermiera Nishi (Ayako Wakao), di stanza in vari gradi di inferni in prima linea. Nei primi dieci minuti, un soldato intrigante la violenta; quando il soldato viene rimandato al fronte, si incolpa della sua morte imminente. In effetti, Nishi non può fare a meno di essere coinvolto personalmente, che si tratti di un paziente amputato che non riesce più a soddisfarsi sessualmente, o di un medico che inietta morfina dopo i suoi turni di 48 ore. Tra le avventure, gli attaccamenti e le separazioni di Nishi, tuttavia, Masumura offre uno dei ritratti di guerra più brutali mai filmati, puntando il dito non contro la guerra in sé, ma contro la mentalità delle persone che la combattono. Soprattutto se paragonato ai nobili drammi ospedalieri di Kurosawa "The Quiet Duel" (1949) e "Red Beard" (1965), "Red Angel" ha un'energia selvaggia unica nei film.»
Jeffrey M. Anderson (Combustible Celluloid)
«Red Angel è un dramma crudo, sanguinoso e senza compromessi che ha come tema centrale la distruzione dell'umanità, vista attraverso i soldati mutilati e il personale medico psichicamente segnato che deve prendersi cura di loro.»
James Kendrick (Q Network Film Desk)
diretto da William Friedkin
«È l'adattamento dell'omonima pièce teatrale scritta da Harold Pinter nel 1957, che ha curato anche la sceneggiatura del film. William Friedkin dirige un film ostico e inquietante, quasi lynchiano per le atmosfere claustrofobiche e surreali, rimanendo al contempo fedele allo stile della "commedia della minaccia" di Pinter. Straordinario il lavoro del cast, ogni attore contribuisce in egual misura a mantenere la tensione.» (vaevedi.it)
diretto da Nina Gladitz
«Un documentario di un'importanza storica inestimabile. Dal 1982 fino ad oggi è rimasto chiuso segretamente negli archivi dell'emittente televisiva tedesca WDR (Westdeutscher Rundfunk Köln), perché la regista Nina Gladitz si è rifiutata di eliminare una scena dopo la sentenza del Tribunale regionale superiore di Karlsruhe del 1987, ma qualcuno misteriosamente l'ha pubblicato su Youtube, circa dieci mesi fa, dopo appena un anno dalla morte della regista. Il documentario attraverso la collaborazione principale di Josef Reinhardt, un rom sopravvissuto all'Olocausto, racconta la genesi del lungometraggio "Tiefland" diretto da Leni Riefenstahl nel 1941 (distribuito solo nel 1954) e di tutte le persone di etnia rom e sinti che furono selezionate dal campo di concentramento di Salisburgo-Maxglan per essere utilizzate come comparse nel suo film. Apprendiamo, che fine delle riprese non solo nessuna di quelle persone fu retribuita, ma il lato più agghiacciante è che molti di loro, compreso quasi tutti i bambini, furono deportati e uccisi nelle camere a gas di Auschwitz. D'altro canto Leni Riefenstahl ha sempre sostenuto che il campo di Maxglan fosse solo un campo "assistenziale" e che all'epoca non fosse a conoscenza di tutte le storie su Auschwitz, ha anche dichiarato che se si fosse ritenuta in parte responsabile della morte di quelle persone si sarebbe suicidata. Ma ai fatti, oggi, è stato storicamente accertato che il campo di Maxglan fu a tutti gli effetti un campo di concentramento e che quindi i rom e i sinti, compreso tutti i bambini, furono imprigionati lì per motivi razziali. L'aspetto più controverso di questa storia e non ancora accettato ufficialmente, è che tutti i testimoni sopravvissuti sono concordi sul fatto che Leni sapesse di Auschwitz e che addirittura li diede la falsa promessa che li avrebbe aiutati a fuggire, cosa che non rispettò mai una volta terminato il suo film...» (vaevedi.it)
diretto da Kazuo Hara
«Siamo in Giappone, per le strade di Hyōgo un misterioso uomo con un giubbotto rosso guida un'auto adornata di scritte, insegne, striscioni e bandiere, attraverso un megafono spiega ai passanti che sta conducendo un servizio commemorativo per consolare le numerose vittime che morirono a causa delle politiche dell'imperatore Hirohito durante la guerra del Pacifico del '41. In seguito scopriremo che si tratta di Kenzō Okuzak, un ex soldato dell'esercito imperiale giapponese, sopravvissuto alla guerra e divenuto un fervente anarchico e antimilitarista. Nel 2 gennaio 1969, divenne famoso per aver attaccato l'imperatore Shōwa sparandogli tre flipper pachinko con una fionda e nel 1976 distribuì anche dei volantini con cartoni animati pornografici raffiguranti l'imperatore Shōwa, nonostante i numerosi arresti e gli anni passati in prigione Okuzak non rinuncia alla sua militanza e in questo documentario, collaborando con il regista Kazuo Hara, decide di scoprire la verità su ciò che accadde ai soldati giapponesi in Nuova Guinea, in particolare di tre soldati che vennero giustiziati poco dopo la fine della guerra. Rintraccerà scrupolosamente ex soldati e ufficiali, si presenterà nelle loro tranquille abitazioni e li interrogherà con le buone o con le cattive, quando infatti questi si rifiuteranno di parlare e omettere la verità non perderà tempo ad aggredirli sia verbalmente che fisicamente, sconvolgendo tutti i presenti...» (vaevedi.it)
diretto da Wiktor Grodecki
«Primo lungometraggio di una trilogia dedicata alla prostituzione minorile che il regista polacco Wiktor Grodecki ha girato nella Repubblica Ceca, come il successivo "Body Without Soul" (1996) si tratta di un documentario, a differenza del terzo "Mandragora" (1997) che è un film di finzione.
"Not Angels But Angels" raccoglie le confessioni di 15 ragazzi di età che variano tra 14 ai 19 anni che vivono e si prostituiscono nella grande capitale di Praga. La maggior parte di loro dichiarano di non essere originari del posto, ma che sono finiti nella città a causa di situazioni economiche e famigliari difficili, man mano che le risposte alle domande del regista proseguono le confessioni si fanno sempre più intime e sconvolgenti. Dichiarano di preferire generalmente i clienti più vecchi e ricchi, che li selezionano in base all'abbigliamento e agli oggetti preziosi che portano, sottolineando che molti di loro provengono da Paesi Occidentali come la Germania, l'Inghilterra e gli USA, infine aggiungono che a volte non usano i preservativi con i clienti tedeschi perché si sentono rassicurati dal loro alto status sociale. Traspare una pericolosa ingenuità nelle loro dichiarazioni che arriva allo spettatore come un pugno sullo stomaco, quando scopriremo che i ragazzi finiscono per spendere molti dei loro soldi alle slot machine dimostrando chiaramente di essere vittime di una dipendenza da gioco, segnata persino dai loro visi stanchi e angosciati, il disegno di questi ritratti si farà insostenibile da sopportare. Grodecki incornicia queste anime con una fotografia espressionista che divide i loro volti in ombre dure e luci spettrali, usando spesso luci artificiali di colore rosso e blu...» (vaevedi.it)
diretto da Marcell Jankovics
«Il film è un adattamento dell'omonima opera teatrale del poeta Imre Madach, che è stata tradotta in 90 lingue ed è considerata una delle grandi opere della letteratura ungherese. L'azione si svolge nel corso di un sogno molto lungo, mentre Adamo, Eva e un chiacchierone Lucifero visitano le grandi civiltà del mondo all'apice del loro potere, solo per vedere le più nobili speranze e i sogni dell'umanità andare in fumo. Con 15 scene lunghe, ambientate in 10 diversi periodi storici, l'opera può essere una bestia da mettere in scena, figuriamoci da guardare. "Leggere l'opera è estenuante", ha detto il signor Jankovics, "quindi penso che un film sia una buona soluzione". "Sapevo bene che mi servivano tre anni per realizzare un film", ha detto il signor Jankovics. "Dato che è un film extralungo, conta come due, quindi sono sei anni. Quindi ho impiegato fondamentalmente sei anni per realizzare il film".
"È un'opera monumentale e gigantesca creata da Marcell Jankovics", ha detto Marton Orosz, curatore di fotografia e arti multimediali al Museo delle Belle Arti di Budapest. "È il film per cui si stava preparando per tutta la vita".»
Robert Ito (The New York Times)
diretto da Laura Wandel
«A volte il cinema è al suo massimo potenziale e coinvolgimento quando è ridotto all’essenziale. "Un monde", il primo lungometraggio realizzato con abilità e inquietante potenza dalla sceneggiatrice e regista belga Laura Wandel, è un’opera concisa di 72 minuti, senza colonna sonora, con una macchina da presa agile, istintiva e a mano che raramente si stacca dal volto della setteenne Nora (Maya Vanderbeque, straordinaria). È straordinariamente penetrante e perspicace senza mai insistere troppo sul punto.
Il film segue il tentativo ben intenzionato di Nora di intervenire quando vede il fratello maggiore Abel (Günter Duret) preso di mira, approfondendo il modo in cui il bullismo si diffonde come una macchia all’interno di una comunità scolastica di elementari e medie; come il marchio della vittima possa sovrastare i legami di amicizia e famiglia; e come fare la cosa giusta possa ritorcersi contro in modo catastrofico.»
Il film segue il tentativo ben intenzionato di Nora di intervenire quando vede il fratello maggiore Abel (Günter Duret) preso di mira, approfondendo il modo in cui il bullismo si diffonde come una macchia all’interno di una comunità scolastica di elementari e medie; come il marchio della vittima possa sovrastare i legami di amicizia e famiglia; e come fare la cosa giusta possa ritorcersi contro in modo catastrofico.»
Wendy Ide (The Guardian)
diretto da Beth de Araújo
«Soft & Quiet, Morbido & tranquillo, sono le parole usate dal movimento delle #(allineato con il noto movimento Alt-Right) per descrivere il loro modus operandi, sono donne che sostengono la riunificazione dei valori della famiglia tradizionale attraverso la preservazione della razza europea, per intenderci quella bianca, ariana e cristiana che vedono minacciata dal multiculturalismo. Per farlo richiedono di ricoprire lavori dove possono essere maggiormente influenti per i bambini bianchi, come nell'istruzione e nella sanità, ma una volta divenute madri dedicarsi solo a questo, a tempo pieno. Queste donne lanciano un messaggio davvero forte, perciò devono mantenere un atteggiamento morbido e tranquillo per «farlo entrare nel mainstream più facilmente». Si presentano sui social network con un look pulito e sofisticato, propagando idee che oltre l'apparenza, nel più profondo, sono ferocemente razziste e sessiste. È da qui che la regista Beth de Araújo costruisce il suo, altrettanto feroce, soggetto. Seguiremo da vicino l'insegnante di scuola materna Emily (Stefanie Estes) che uscirà in lacrime da una toilette dopo aver fatto un test di gravidanza con esito negativo, in seguito si incamminerà verso una Chiesa dove organizzerà il suo primo incontro delle "Figlie per l'unità ariana", un'organizzazione di donne caucasiche suprematiste bianche, dove parteciperanno altre cinque donne: la madre solitaria Alice (Rebekah Wiggins), la figlia di un importante membro del Ku Klux Klan Jessica (Shannon Mahoney), l'ex detenuta Leslie (Olivia Luccardi), la piccola proprietaria di un drogherie Kim (Dana Millican) e l'insoddisfatta lavoratrice al dettaglio Marjorie (Eleanore Pienta)...» (vaevedi.it)
diretto da Laura Poitras
«Il sorprendente documentario di Laura Poitras All the Beauty and the Bloodshed racconta la vita, l'arte e l'attivismo del talento straordinario Nan Goldin, il cui lavoro profondamente personale continua a superare i confini e a risuonare ben oltre il mondo dell'arte.»
Marya E. Gates (RogerEbert.com)
«La struttura biforcata del film non è innovativa, ma la capacità di Poitras di orchestrare tutte queste informazioni è straordinariamente elegante. Ha a disposizione un’abbondanza di materiale eccezionale — inclusa un’ampia selezione delle opere di Goldin — ma ciò che rende il film così efficace è il modo in cui Poitras intreccia senza sforzo le diverse sezioni della vita di Goldin per creare un ritratto coerente dell’artista.»
Manohla Dargis (The New York Times)
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