Qual è il modo migliore per rappresentare i burrascosi eventi storici che caratterizzarono la prima metà del XX secolo con l'ascesa del nazismo, se non attraverso le ripercussioni che hanno avuto all'interno di una famiglia? L'abbiamo visto proprio recentemente ne "La zona d'interesse" di Jonathan Glazer, ma anche Luchino Visconti nel 1969 lo fece ne "La caduta degli dei", uno dei suoi film meno popolari e il primo della trilogia tedesca che prosegue con Morte a Venezia (1971) e Ludwig (1973).
Segue le vicende della famiglia von Essenbeck che è a capo di una delle più importanti industrie siderurgiche tedesche, preziosa fornitrice di acciaio per l'industria bellica. Durante il compleanno del barone Joachim von Essenbeck (Albrecht Schönhals), il nipote Martin (Helmut Berger) si esibisce travestito da donna imitando Marlene Dietrich de "L'angelo azzurro" (si dice che la stessa Dietrich si fosse complimentata con Helmut per la scena). Durante l'esibizione arriva la notizia dell'incendio del Reichstag, la notizia scuote il barone Joachim, così per salvare il futuro dell'azienda decide di togliere la vicepresidenza a Herbert Thallman (Umberto Orsini), marito della nipote e fervente oppositore del nazismo, cedendo il comando al nipote Konstantin von Essenbeck (Reinhard Kolldehoff), un influente membro delle SA, molto legato ad Ernst Röhm e quindi vicino a Hitler. Questo evento divide la famiglia e scatena l'inizio di una lunga serie di torbidi intrighi volti alla conquista dell'ambita eredità, che comporta l'assassino del barone per mano di Friedrich Bruckmann (Dirk Bogarde). L'uomo viene persuaso a commettere l'omicidio dalla sua moglie Sophie von Essenbeck (Ingrid Thulin), madre di Martin, e da Aschenbach (Helmut Griem), un lontano cugino degli Essenbeck e importante ufficiale delle SS, l'obiettivo del complotto è quello di incolpare Herbert Thallman e permettere a Martin, che è il maggiore azionista della società in quanto unico discendente diretto del barone Joachim, di ottenere la carica di presidenza al fine di trasferire i poteri a Friedrich, al posto di Konstantin. Le ragioni affondano non solo nell'interesse personale ma anche politico, di fatti lo scopo finale sarà anche quello di eliminare le SA o "camice brune" guidate da Ernst Röhm, in quella che poi è stata battezzata come la "Notte dei lunghi coltelli" e che permise a Hitler di ottenere il pieno controllo del potere militare e industriale.
Visconti, come dichiarò in un'intervista rilasciata durante il set del film, voleva che il film uscisse in tutti i Paesi con il titolo "Götterdämmerung" che significa letteralmente "il crepuscolo degli dei", un riferimento diretto all'omonima opera di Wagner, perché il film è «una specie di catarsi, di dei o considerati semi-dei, non dell'Olimpo o del Valhalla, ma dei semi-dei dell'industria tedesca». Tra le influenze asserì anche una shakespeariana: «Ho voluto fare un Macbeth moderno dove gli dei si mescolano agli umani: lo strumento del loro potere è il denaro, il tempio della loro caduta la fabbrica irta di ciminiere». Infatti, la personaggia di Sophie, interpretata da una straordinaria Ingrid Thulin, non può che evocare la brama di potere e il fascino persuasivo di Lady Macbeth. Ma il vero protagonista - e antagonista - di questa terribile tragedia famigliare è Martin, impersonificato da un Helmut Berger mai così bravo nel dare espressione e carattere a un personaggio così complesso e oscuro, passa incredibilmente da uno stato d'animo di pietosa e infantile fragilità legata ai suoi conflitti genitoriali, a quello di una diabolica e lucida durezza che gli permette di schiacciare, senza alcun rimorso, chiunque ostacoli il suo cammino verso l'ascesa del potere, come una perfetta macchina infernale, che è verosimilmente sovrapposta, nell'emblematico primo piano finale, alle scintille incandescenti della saldatura dell'acciaio nella fabbrica. Il film è fotografato da Pasqualino De Santis e Armando Nannuzzi come un dipinto ad olio caravvagesco, dominano le ombre e le luci calde negli interni, mentre gli esterni si raffreddano in un'aria crepuscolare che spesso si fa fatica a distinguere tra il giorno e la sera. Uno dei momenti più alti è la lunga sequenza della Notte dei lunghi coltelli, colpisce non solo per il rigore formale ma anche per la brutalità sanguinosa, è bene ricordare che è anche la prima e unica rappresentazione cinematografica dell'evento. È interessante come questo si inserisca come un'intervallo, o meglio una rottura, con il resto della narrazione legata alle vicende più intime della famiglia von Essenbeck; i membri del SA, come Konstantin e Röhm, sono infatti l'ultimo simbolo dell'autodeterminazione del popolo tedesco, non solo a livello politico (inclini a una "seconda rivoluzione" di matrice anticapitalista), ma anche sessuale. Le spassose serate in libertà dei soldati nei bar, compresi i rapporti omosessuali di alcuni, minacciano la purezza dell'uomo ariano professato da Hitler, perciò vanno eliminati. Visconti, d'altro canto, da buon e intelligente provocatore, lascia che sia Martin a manifestare chiaramente quanta ipocrisia ci sia all'interno delle SS e cos'è poi in realtà la sessualità per il fascismo: un rapporto esclusivo di sopraffazione, un'arma distruttrice per controllare e plasmare l'essere umano, da questo punto di vista, anche la pedofilia, lo stupro e l'incesto diventano, nel contesto del film, le forme trionfanti dell'affermazione del suo potere. Non è esagerato affermare che Visconti, sotto questo punto di vista, abbia anticipato "Novecento" di Bernardo Bertolucci e "Salò e le 120 giornate di Sodoma" di Pier Paolo Pasolini. "La caduta degli dei" è un film marcio, decadente, cupo, magistralmente costruito e interpretato, è uno dei migliori del regista. Era anche il film preferito di Rainer Warner Fassbinder che dichiarò: «penso significhi, per la storia del cinema, quanto Shakespeare per la storia del teatro.»
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