Conosciuto anche con il titolo internazionale The Lynx, è un film diretto dal regista polacco Stanislaw Rózewicz, basato sul racconto "Chiesa di Skaryszew" di Jarosław Iwaszkiewicz (il noto autore di Madre Giovanna degli angeli, che ispirò anche il film di Jerzy Kawalerowicz). La trama è la seguente: un giovane partigiano di nome Ryś (Piotr Bajor), confessa a Padre Konrad (Jerzy Radziwiłowicz) che deve uccidere un traditore e non può sottrarsi alla missione altrimenti verrà punito egli stesso con la morte dalla stessa organizzazione partigiana. Gli chiede anche l'assoluzione dal peccato dell'omicidio. Il giovane prete rimane profondamente turbato dalla sua confessione e dalla sua strana richiesta, sopratutto quando scopre che il presunto traditore è il carradore Alojz (Franciszek Pieczka), un uomo da sempre considerato onesto nel paese e che protegge una bambina ebrea. Padre Konrad, convinto che si tratti di un terribile errore, implora a Ryś di ritardare la sentenza per indagare. Ryś acconsente, ma solo per un giorno.
In tempi di guerra uccidere diventa una necessità inevitabile, come può questa cruda realtà conciliarsi con la morale cristiana? Attraverso Padre Konrad, viviamo questo angosciante quesito esistenziale che lo tormenta incessantemente. La figura di Ryś, comincia a tramutarsi nella sua mente, da un'anima da amare e redimere dal peccato, a una tentazione irresistibile, una figura affascinante e demoniaca che sconvolge il suo equilibrio interiore. Colpisce la scelta del regista di rappresentare questi turbamenti nella coscienza del prete, attraverso delle enigmatiche scene in bianco e nero, che non si limitano a essere visioni mistiche, ma il frutto del suo immaginario e dei suoi desideri inespressi. L'impronta minimalista del film, fedele allo sguardo trascendente di Robert Bresson, schiude sottotesti: la dinamica tra i due lascia anche spazio a una lettura queer, sopratutto quando Padre Konrad, al secondo incontro con Ryś, dichiarerà di essere disposto per amore di prendersi carico della sua missione e del suo peccato, per salvare la sua anima dalla dannazione eterna. Ma quando Padre Konrad realizzerà di dover diventare per il carradore Alojz ciò che Caino fu per Abele, verrà sopraffatto da nuovi dubbi.
Le domande non cesseranno nel finale. Padre Konrad, durante una visita al cimitero, scoprirà una lapide con il nome di un certo "Ryszard Lambert" morto a 16 anni durante la guerra, non sarà forse lo stesso Ryś, ora divenuto uno spettro dannato in cerca di vendetta?
La Polonia rappresentata nel film è desolante, pochissime persone si aggirano per il paese, tutti si nascondono, tutti hanno paura e pochi sanno come reagire nel modo giusto. Anche Alojz, pur avendo messo in salvo una bambina ebrea, ammette a Padre Konrad che in passato avrebbe potuto fare di più per gli ebrei. Ma allora, chi tradisce chi? Cosa significa davvero tradire?
Stanislaw Rózewicz si addentra nella zona di grigio, quella senza scampo, dove non ci sono risposte facili. In tempi di guerra, le fazioni in bianco e nero possono essere una bugia rassicurante, una coperta che nasconde l’orrore. Alojz forse ha tradito qualcuno, ma è secondario, quello che importa al regista a un certo punto, è come l'assenza di perdono e di fede distrugga l'umanità, in un'incessante e perpetuo via vai di spettri in cerca di sangue da versare, di altre vite da spezzare. Tutti un giorno potremmo incontrare Ryś e cedere alla sua trappola. Forse molti l'hanno già fatto. Come si afferma nell'inquietante finale: si pecca anche con l'intenzione. Chi non l'ha mai fatto? Essere "cristiani" non è mai stato così difficile, come in questo film.
Magistrale è la fotografia del film curata da Jerzy Wójcik, fedele collaboratore del regista, che con le sue tonalità grigio-azzurre evoca una profonda malinconia, mentre le ombre studiate nei primi piani intensificano l'ambiguità, sopratutto nelle scene degli incontri tra Padre Konrad e Ryś. Da sottolineare anche la scelta azzeccata dei due interpreti: Jerzy Radziwiłowicz, con il suo volto genuino e denso di umanità, e Piotr Bajor, con il suo sguardo glaciale e tenebroso, entrambi perfettamente calati nei rispettivi ruoli. Le musiche d'organo di Lucjan Kaszycki creano atmosfere gotiche, tra i temi c'è spesso l'uso dell'Adagio in Sol minore di Tommaso Albinoni, che è un brano che fu ricostruito da Remo Giazotto proprio durante la fine della seconda guerra mondiale.
Guardando "Ryś" è come se "Il diario di un curato di campagna" di Robert Bresson e "Il quinto sigillo" di Zoltán Fábri si incontrassero (e scontrassero) nello stesso film. Un inquietante capolavoro, da riscoprire.
Il film è rimasto inedito in Italia, ma ho realizzato una traduzione dei sottotitoli destinati alla versione restaurata del film, potete scaricarli su questa pagina.
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